Archivio de EURASIA a cura di Martino Conserva
original text
PIETRE
MILIARI DELL’EURASISMO
L’eurasismo è una corrente ideologica e politico-sociale sorta
nel contesto della prima ondata di emigrazione russa, unita dalla concezione
della cultura russa come fenomeno non europeo che – fra le varie culture
del mondo – presenta una originale combinazione di tratti occidentali ed
orientali; pertanto essa appartiene contemporaneamente all’Occidente e
all’Oriente, e al tempo stesso non si riduce né all’uno né
all’altro.
Fondatori dell’eurasismo N.S. Trubetskoj (1890-1938) – filologo e linguista
P.N. Savitskij (1895-1965) – geografo, economista
G.V. Florovskij (1893-1979) – storico della cultura, teologo
e patriota
G.V. Vernadskij ( 1877-1973) – storico e geopolitico
N.N. Alekseev - giurista e politologo
V.N. Ilin – storico della cultura, letterato e teologo
Il valore principale dell’eurasismo è consistito in idee sorte
nel profondo della tradizione della storia e della statualità russa.
L’eurasismo ha guardato alla cultura russa non come ad una semplice componente
della civiltà europea, ma come ad una civiltà originale,
che riassume in sé le esperienze non soltanto dell’Occidente ma
anche, in pari misura, dell’Oriente.
Il popolo russo, da questo punto di
vista, non va collocato né fra i popoli europei né fra quelli
asiatici; esso appartiene ad una comunità etnica eurasiatica pienamente
originale. Tale originalità della cultura e statualità russe
(che presentano al tempo stesso elementi europei ed asiatici) definisce
anche lo specifico percorso storico della Russia, il suo programma nazional-statale,
non coincidenti con la tradizione europeo-occidentale.
Fondamenti
Concezione della civiltà
La civiltà romano-germanica ha elaborato un proprio sistema di princìpi
e valori, che essa stesa ha eletto al rango di sistema universale.
Tale sistema romano-germanico è stato imposto ai restanti popoli
e culture con la forza e con l’astuzia. La colonizzazione spirituale e
materiale del resto dell’umanità da parte dell’Occidente costituisce
un fenomeno negativo. Ogni popolo ed ogni cultura possiedono un intrinseco
diritto ad evolversi secondo una propria logica. La Russia è una
civiltà originale. Essa è chiamata non soltanto a contrapporsi
all’Occidente, salvaguardando fino in fondo il proprio percorso, ma anche
a collocarsi all’avanguardia di altri popoli e paesi della Terra nella
difesa della propria libertà in quanto civiltà.
Critica della civiltà romano-germanica
La civiltà occidentale ha costruito il proprio sistema sulla base
della secolarizzazione del cristianesimo occidentale (cattolicesimo e protestantesimo),
ponendo in primo piano l’individualismo, l’egoismo, la competizione, il
materialismo, il progresso tecnico, i valori del consumo, lo sfruttamento
economico. La civiltà romano-germanica fonda il proprio diritto
alla globalità non sulla grandezza spirituale, ma sulla rozza forza
materiale. Anche la spiritualità e la forza degli altri popoli vengono
da essa valutati solo in base alla sua propria rappresentazione della preminenza
del razionalismo e del progresso tecnico.
Il fattore spaziale
Non esistono modelli di sviluppo universali, la pluralità dei paesaggi
della Terra produce una pluralità di culture, ciascuna delle quali
ha i suoi cicli, i suoi criteri interni, la sua logica.
Lo spazio geografico influisce in misura enorme (talora decisiva) sulla
cultura e sulla storia nazionale dei popoli. Ogni popolo, sviluppandosi
in un determinato ambiente geografico, elabora le proprie forme nazionali,
etiche, giuridiche, linguistiche, rituali, economiche e politiche. Il “luogo”
in cui avviene lo “sviluppo” di un popolo o di uno stato predetermina in
misura significativa la traiettoria e il senso di tale “sviluppo” – fino
al punto da divenire inscindibili. E’ impossibile separare la storia dalle
condizioni spaziali, e l’analisi delle civiltà deve procedere non
solo lungo l’asse temporale (“prima”, “dopo”, “sviluppo” o “non sviluppo”
di una nazione, ecc.) ma anche lungo quello spaziale (“oriente”, “occidente”,
“steppa”, “montagne” ecc.).
Nessun singolo stato o regione ha il diritto di pretendere di essere
il metro di misura per tutti gli altri. Ogni popolo ha il proprio modello
di sviluppo, i propri “tempi”, la propria “razionalità”, e deve
essere compreso e valutato secondo criteri specifici intrinseci.
Il clima dell’Europa, la piccolezza dei suoi spazi, l’influenza dei
suoi paesaggi hanno generato la specificità della civiltà
europea, nella quale prevalgono le influenze del bosco (Europa settentrionale)
e della costa (Mediterraneo). Differenti paesaggi hanno generato differenti
tipi di civiltà: le steppe sconfinate gli imperi nomadi (dagli Sciti
ai Turchi), il deserto la civiltà araba (islamica), le terre del
loess quella cinese, le isole montuose quella giapponese, l’unione di steppa
e bosco quella russo-eurasiatica. L’impronta del paesaggio vive nella storia
intera di ognuna di queste civiltà, e non può esserne separato
o soppresso.
Stato e nazione
I primi slavofili russi del XIX secolo (Khomjakov, Aksakov, Kirevskij)
insistettero sull’unicità ed originalità della civiltà
russa (slava, ortodossa). Essa deve essere difesa, conservata e rafforzata
di contro all’Occidente, da un lato, e dal modernismo liberale (anch’esso
procedente dall’Occidente), dall’altro. Gli slavofili affermarono il valore
della tradizione, la grandezza dell’antichità, l’amore per il passato
della Russia, ed ammonirono degli inevitabili pericoli del progresso, dell’estraneità
alla Russia di molti aspetti del modello occidentale.
Gli eurasisti ereditarono da questa scuola filosofica le posizioni
degli ultimi slavofili e svilupparono ulteriormente le loro tesi nel senso
di una positiva valutazione dell’influsso dell’Oriente.
L’Impero Moscovita rappresenta il più alto sviluppo della statualità
russa. L’idea nazionale acquisisce un nuovo status: dopo il rifiuto di
Mosca di riconoscere l’unia Fiorentina (incarceramento e messa al bando
del mitropolita Isidoro) e la rapida decadenza, la Rus’ di Zargrad assume
le insegne dell’impero ortodosso.
Piattaforma politica
Ricchezza e prosperità, forza dello stato ed efficienza dell’economia,
potenza dell’esercito e sviluppo della produzione devono essere gli strumenti
per il conseguimento di alti ideali. Il senso dello stato e della nazione
viene conferito solo dall’esistenza di una “idea-guida”. Quel regime politico
che presuppone la fissazione di una “idea-guida” quale valore supremo venne
chiamato dagli eurasisti “ideocrazia” – dal greco “idea” e “kratos”, potere.
La Russia viene sempre immaginata come Sacra Rus’, come potenza [derzhava]
che compie la propria peculiare missione storica. La concezione del mondo
eurasista deve anche essere l’idea nazionale della Russia a venire, la
sua “idea-guida”.
La scelta eurasista
La Russia-Eurasia, quale espressione di un impero stepposo-boschivo di
dimensioni continentali, esige un proprio modello di direzione. Questa
è prima di tutto l’etica della responsabilità collettiva,
del disinteresse, dell’aiuto reciproco, dell’ascetismo, della volontà,
della tenacia. Solo qualità simili possono permettere di conservare
il controllo sulle vaste e scarsamente popolate terre della zona stepposo-boschiva
eurasiatica. La classe dirigente dell’Eurasia si è formata sulla
base del collettivismo, dell’ascetismo, della virtù guerriera e
della rigida gerarchia.
La democrazia occidentale si è formata nelle condizioni specifiche
dell’Atene antica e attraverso molti secoli dell’Inghilterra insulare.
Questa democrazia riflette caratteristiche specifiche dello “sviluppo locale”
europeo. Questa “democrazia” non rappresenta un criterio universale. Per
la Russia-Eurasia imitare le norme della “democrazia liberale” europea
è insensato, impossibile e dannoso. La partecipazione del popolo
della Russia alla direzione politica deve essere definita con un termine
diverso: “demotia”, dal greco “demos”, “popolo”. Questa partecipazione
non rifiuta la gerarchia e non deve essere formalizzata in strutture partitico-parlamentari.
La “demotia” presuppone un sistema di consigli territoriali, di governi
distrettuali e nazionali (nel caso di popoli di ridotte dimensioni). La
“demotia” si sviluppa sul fondamento dell’autogoverno sociale, del “mondo”
contadino. Esempio di “demotia” è il carattere elettivo delle gerarchie
ecclesiastiche da parte dei parrocchiani nella Rus’ moscovita.
L’opera di L.N. Gumilev come sviluppo del pensiero eurasista
Lev Nikolaevic Gumilev (1912-1922), figlio del poeta russo N.Gumilev
e
della poetessa A.Akhmatova, fu etnografo, storico, filosofo.
Grande influenza ebbero su Gumilev il libro dell’eurasista calmucco
E.Khara-Vadan “Gengis Khan come condottiero” ed i lavori di P.S.Savitskij.
Nella sua opera Gumilev sviluppò le tesi fondamentali dell’eurasismo.
Verso la fine della sua vita si definiva come “l’ultimo degli eurasisti”.
Momenti fondamentali della teoria di Gumilev
La teoria della passionarietà [passionarnost’] come sviluppo
dell’idealismo eurasista;
L’essenza della quale, a suo avviso, consiste nel fatto che ogni ethnos,
in quanto formazione naturale, è soggetto all’influsso di certi
“impulsi energetici”, sorgenti dal cosmo e causanti l’”effetto della passionarietà”,
vale a dire un’estrema attività e intensità vitale. In questo
caso, l’ethnos subisce una “mutazione genetica”, che conduce alla nascita
dei “passionari” – individui di particolare temperamento e talento. E questi
divengono i creatori di nuovi ethnos, culture e stati;
Il richiamo dell’attenzione della scienza sulla proto-storia degli “imperi
nomadi” dell’Oriente e la scoperta del colossale retaggio etnico e culturale
dei popoli autoctoni dell’Asia antica, interamente confluito nelle grandiose
culture dell’antichità ma caduto nell’oblio (Unni, Turchi, Mongoli,
ecc.);
Lo sviluppo di un’impostazione turcofila nella teoria della “complementarietà
etnica”.
ETHNOS è in generale qualsiasi insieme di individui, qualsiasi “collettivo”:
popolo, popolazione, nazione, tribù, clan familiare, fondato su
di una comunità di destino storico.
“I nostri antenati Grandi-Russi” – scriveva Gumilev – nei secoli XV,
XVI e XVII si mescolarono agevolmente e abbastanza rapidamente con i Tartari
del Volga, del Don, dell’Obi e con i Buriati, che assimilarono la cultura
russa. Gli stessi Grandi-Russi si mescolarono facilmente agli Iakuti, assorbendone
l’identità e gradualmente venendo in contatto amichevolmente con
Kazaki e Calmucchi. Tramite i legami matrimoniali coesistettero pacificamente
con i Mongoli nell’Asia centrale, così come gli stessi Mongoli e
i Turchi fra il XIV e il XVI secolo si fusero con i Russi nella Russia
centrale”. Pertanto la storia della Rus’ moscovita non può essere
considerata al di fuori del contesto dei contatti etnici russo-tatari e
della storia del continente Eurasiatico.
La comparsa del neo-eurasismo: contesto storico e sociale
Crisi del paradigma sovietico
Alla metà degli anni ’80 la società sovietica incominciava
a perdere connessione e capacità di adeguata riflessione ed autoriflessione.
I modelli dell’autocomprensione sovietica si incrinarono. La società
aveva perso il suo orientamento. Tutti avvertivano la necessità
del mutamento, ma questa sensazione era confusa, nessuno sapeva da quale
direzione tale mutamento sarebbe provenuto. In quel periodo si formò
uno spartiacque poco convincente: “forze del progresso” e “forze della
reazione”, “riformatori” e “conservatori del passato”, “partigiani delle
riforme” ed “avversari delle riforme”.
Infatuazione per i modelli occidentali
In tale situazione il termine “riforme” divenne di per sé sinonimo
di “liberal-democrazia”. Dal fatto oggettivo della crisi del sistema sovietico
si trasse la frettolosa deduzione della superiorità del modello
occidentale e della necessità di copiarlo. A livello teorico questo
non era assolutamente evidente, dal momento che la “mappa ideologica” presenta
un sistema di scelte nettamente più variegato che non il primitivo
dualismo: socialismo – capitalismo, accordo di Varsavia - NATO. Prevalse
tuttavia proprio questa logica primitiva: i “partigiani delle riforme”
divennero incondizionati apologeti dell’Occidente, la cui logica e struttura
essi assimilarono rapidamente, mentre gli “avversari delle riforme” si
dimostrarono inerti conservatori del regime tardo-sovietico, la cui logica
e struttura sempre più sfuggiva a loro stessi. In tale situazione
squilibrata, dal lato dei riformatori-filoccidentali stavano potenziale
di energie, novità, aspettative di cambiamento, impulso creativo,
prospettive, mentre ai “reazionari” non restavano che l’inerzia, l’immobilismo,
l’appello al consueto e al noto. Proprio in questo involucro psicologico
ed estetico la politica liberal-democratica occidentale prevalse nella
Russia degli anni ’90, nonostante che a nessuno fosse stato concesso di
compiere una scelta chiara e consapevole.
Collasso della unità statale
Il risultato delle “riforme” fu il collasso dell’unità statale sovietica
e l’inizio del crollo della Russia quale vestigia dell’URSS. La distruzione
del sistema sovietico e della “razionalità sovietica” non si accompagnò
alla creazione di un nuovo sistema e di una nuova razionalità,
conformi alle condizioni nazionali e storiche. Gradualmente prevalse un
peculiare atteggiamento nei confronti della Russia e della storia nazionale:
il passato, il presente e il futuro della Russia incominciarono ad essere
letti dal punto di vista dell’Occidente, valutati come qualcosa di estraneo,
trascendente, alieno (“questo paese” era una tipica espressione dei “riformatori”).
Questa non era la visione dell’Occidente dalla Russia, ma la visione
della Russia dall’Occidente. Non può sorprendere che in una tale
situazione l’adozione degli schemi occidentali persino nella teoria dei
“riformatori” venisse invocata non per creare e rafforzare la struttura
dell’unità statale nazionale, ma per distruggerne i resti. La distruzione
dello stato non fu il risultato casuale delle “riforme”, bensì,
di fatto, uno degli obbiettivi strategici di quelle.
Nascita di un’opposizione anti-occidentale (anti-liberale) nelle condizioni
post-sovietiche
Nel corso dello sviluppo delle “riforme” ed il loro “approfondimento” l’inadeguatezza
della semplice reazione divenne palese a tutti. In questo periodo (1989-90)
incominciò a formarsi la “opposizione nazional-patriottica”, nella
quale confluirono una parte dei “conservatori sovietici” (disponibili ad
un minimo di riflessione), frange dei “riformatori” delusi dalle “riforme”
o “divenuti consapevoli del loro orientamento anti-statuale”, e frange
di rappresentanti del movimento patriottico, che si erano formate già
durante la perestroika e tentavano di dar forma al sentimento della “potenza
statale” [derzhava] in un ambito non comunista (ortodosso-monarchico,
nazionalista, ecc.). Con grave ritardo e nonostante la totale assenza di
appoggi esterni di ordine strategico, intellettuale e materiale, incominciava
confusamente a formarsi il modello concettuale del patriottismo post-sovietico.
Neo-eurasismo
Il neo-eurasismo sorse in questo contesto come fenomeno ideologico e politico,
divenendo poco alla volta una delle principali direzioni dell’autocoscienza
patriottica nella Russia post-sovietica.
Fasi dello sviluppo dell’ideologia neo-eurasista
1a fase (anni 1985-90)
Seminari e lezioni di A.Dughin in diversi gruppi del nascente movimento
conservatore-patriottico. Critica del paradigma sovietico in quanto mancante
dell’elemento qualitativo spirituale e nazionale.
Nel 1989 prime pubblicazioni nella rivista “Sovetskaja literatura” [Letteratura
sovietica]. Edizioni di libri di Dughin in Italia (“Continente Russia”,
1989) e in Spagna (“Rusia Misterio de Eurasia”, 1990).
Nel 1990 edizione di “Crisi del mondo moderno” di Réné Guénon
con commenti di Dughin e del libro di Dughin “Vie dell’Assoluto” [Puti
Absoljuta], con esposizione dei fondamenti della filosofia tradizionalista.
In questo periodo l’eurasismo presenta caratteri di “destra-conservatrice”,
prossimo al tradizionalismo storico, con elementi ortodosso-monarchici,
“etnico-pochvenniki” [legati al concetto della “terra”], ferocemente critico
delle ideologie di “sinistra”.
2a fase (anni 1991-93)
Avvio di una revisione dell’anticomunismo, proprio della prima fase del
neo-eurasismo. Rivalutazione del periodo sovietico nello spirito dei “nazional-bolscevchi”
e degli “eurasisti di sinistra”.
Visita a Mosca di esponenti della “Nuova Destra” (Alain de Benoist, Robert
Steuckers, Carlo Terracciano, Marco Battarra, Claudio Mutti e altri).
L’eurasismo acquista popolarità all’interno dell’opposizione patriottica
e fra gli intellettuali.
Basandosi sull’affinità terminologica, A.Sakharov parla già
di Eurasia, ma solo in senso strettamente geografico, e non politico e
geopolitico (e senza mai avvalersi dell’eurasismo in quanto tale, così
come fu atlantista convinto); una frangia di “democratici” tenta di dar
vita ad un progetto di “eurasismo democratico” (G.Popov, S.Stankevic, L.Ponomarev).
Di un proprio eurasismo parlano anche O.Lobov, O.Soskovets, S.Baburin.
Nel 1992-93 pubblicazione del primo numero di “Elementi. Rivista eurasista”.
Insegnamento della geopolitica e dei fondamenti dell’eurasismo in istituti
superiori ed accademiche. Numerose traduzioni, articoli, seminari.
3a fase (anni 1994-98): sviluppo teorico dell’ortodossia neo-eurasista
Pubblicazione dei fondamentali lavori di Dughin “Misteri dell’Eurasia”
[Misterii Evrazii] (1996), “Cospirologia” [Konspirologija] (1994), “Fondamenti
di geopolitica” [Osnovy Geopolitiki] (1996), “La rivoluzione conservatrice”
[Konservativnaja revoljutsija] (1994), “Templari del Proletariato” [Tampliery
proletariata] (1997). Pubblicazione di opere di Trubetskoj, Vernadskij,
Alekseev e Savitskij da parte delle edizioni “Agraf” (1995-98).
Comparsa di riferimenti diretti e indiretti all’eurasismo nei documenti
programmatici del KPFR (Partito comunista], LDPR [Partito Liberaldemocratico]
e NDR [Nuova Russia Democratica] (ossia di sinistri, destri e centristi).
Aumento del numero di pubblicazioni su temi eurasisti. Edizione di numerosi
opuscoli eurasisti.
Critica dell’eurasismo da parte dei nazionalisti russi, fondamentalisti
religiosi e comunisti ortodossi, nonché dei liberali.
Manifestazioni di una versione “accademica “debole dell’eurasismo (proff.
A.S.Panarin, V.Ja.Paschenko, F.Girenok e altri) - con elementi del paradigma
illuminista, negato dall’ortodossia eurasista – che si evolve verso posizioni
più radicalmente antioccidentali, anti-liberali ed anti-globaliste.
Inaugurazione di un’università dedicata a L.Gumilev ad Astan [Kazakistan].
4a fase (anni 1998-2001)
Graduale disidentificazione del neo-eurasismo rispetto alle collaterali
manifestazioni politico-culturali e partitiche, svolta in direzione autonoma
(“Arctogaia”, “Nuova Università”, “Irruzione” [Vtorzhenie] – al
di fuori dell’opposizione, dei movimenti di estrema sinistra e destra.
Impostazioni fondamentali della metodologia geopolitica.
Apologia dello staroobrjadchestvo [Vecchia Credenza].
Spostamento su posizioni centriste in politica, sostegno a Primakov nella
sua nomina a premier. Dughin diventa consigliere del portavoce della Duma
G.N.Seleznev.
Pubblicazione del pamphlet eurasista “La nostra via” [Nash put’] (1998).
Pubblicazione di “Irruzione eurasista” [Evraziikoe Vtorzhenie] come supplemento
a “Zavtra”. Crescente allontanamento dall’opposizione ed avvicinamento
alle posizioni del governo.
Ricerche teoriche, elaborazioni, pubblicazione de “La cosa russa” [Russkaja
vesch’] (2001), pubblicazioni su “Nezavisimaja Gazeta”, “Moskovskij Novosti”,
ciclo di trasmissioni su “Finis Mundi” a Radio 101, ciclo di trasmissioni
su temi di geopolitica e neo-eurasismo a Radio “Svobodnaja Rossija” (1998-2000).
5a fase (anni 2001-2002)
Fondazione del Movimento Politico-Sociale Panrusso EURASIA su posizioni
di “centro radicale”, dichiarazione di pieno appoggio al Presidente della
Federazione Russa V.V.Putin (21 aprile 2001).
Adesione ad EURASIA del dirigente del Centro di Direzione Spirituale dei
Musulmani di Russia, sheik-ul-islam Talgat Tadjuddin.
Edizione del periodico “Evraziizkoe obozrenie” [Rivista eurasista].
Manifestazione del neo-eurasismo ebraico (A.Eskin, A.Shmulevic, V.Bukarskij).
Conferenza “Minaccia Islamica o minaccia per l’Islam?”. Intervento di H.A.Noukhaev,
teorico ceceno dell’”eurasismo islamico” (“Vedeno o Washington?”, Mosca,
2001].
Uscita di libri di E.Khara-Davan e Ja.Bromberg (2002).
Processo di trasformazione del Movimento EURASIA in partito (2002).
Posizoni filosofiche fondamentali del neo-eurasismo
Sul piano teorico il neo-eurasismo è consistito nella rinascita
dei princìpi classici di questo movimento in una fase storica qualitativamente
nuova e nella trasformazione di tali princìpi in fondamenti di un
programma ideologico e politico e di una visione del mondo. L’eredità
degli eurasisti classici venne assunta come fondamentale visione del mondo
per la lotta ideale (politica) nel periodo post-sovietico, come piattaforma
spirituale-politica del “patriottismo integrale”.
I neo-eurasisti hanno sussunto le posizioni fondamentali dell’eurasismo
classico, li hanno scelti come piattaforma, punti di partenza, basi teoretiche
e fondamenti per il futuro sviluppo e impiego pratico.
In campo teorico i neo-eurasisti hanno coscientemente sviluppato i
princìpi fondamentali dell’eurasismo classico tenendo conto dell’ampio
contesto filosofico, culturale e politico delle idee del XX secolo.
Ognuna delle posizioni fondamentali degli eurasisti classici (vedi
il paragrafo “Posizioni fondamentali dell’eurasismo classico”) ha ricevuto
un suo sviluppo concettuale.
Concezione della civiltà
La critica della società borghese occidentale da posizioni di “sinistra”
(sociali) si sovrappose alla critica di quella stessa società da
posizioni di “destra” (civiltà). L’idea eurasista del “rifiuto dell’Occidente”
viene rafforzata grazie al vasto arsenale della “critica dell’Occidente”
da parte di rappresentanti dell’Occidente stesso, in disaccordo con la
logica del suo sviluppo storico (quantomeno negli ultimi secoli). A questa
idea della fusione delle più disparate (e talvolta politicamente
contraddittorie) concezioni della negazione del carattere “normativo” della
civiltà occidentale gli eurasisti giunsero non immediatamente, ma
per gradi, dalla fine degli anni ’80 alla metà degli anni ’90.
Alla “critica della civiltà romano-germanica” venne dato grande rilievo, avendo come base la prioritaria analisi
del mondo anglosassone, degli USA. Nello spirito della Rivoluzione Conservatrice
tedesca e della “nuova destra” europea il “mondo occidentale” venne differenziato
nella componente atlantica (USA + Inghilterra) e nella componente Europea
continentale (propriamente, romano-germanica). L’Europa continentale viene
qui vista come fenomeno neutrale, passibile di integrazione – a determinate
condizioni – nel progetto eurasista.
Il fattore spaziale
Il neo-eurasismo è mosso dall’idea di una totale revisione della
storia della filosofia secondo posizioni spaziali. In questo trovano il
loro punto d’unione i più diversi modelli di visione ciclica della
storia – da Danilevskij a Spengler, da Toynbee a Gumilev.
Tale principio trova una più pregnante espressione nella filosofia
tradizionalista, che nega radicalmente l’idea di evoluzione e progresso
e fonda questa negazione su dettagliati calcoli metafisici. Da qui la teoria
tradizionale dei “cicli cosmici”, dei “molteplici stati dell’essere”, della
“geografia sacra”, e così via. I princìpi fondamentali della
teoria dei cicli sono dettagliatamente illustrati nei lavori di Guénon
(e dei suoi seguaci G.Georgel, T.Burckhardt, M.Eliade, A.Corbin). E’ stato
pienamente riabilitato il concetto di “società tradizionale”, la
quale o non conosce storia o la realizza secondo i riti e miti dell’”eterno
ritorno”. La storia della Russia è vista non semplicemente come
uno dei tanti sviluppi locali, ma come l’avanguardia del sistema spaziale
(Oriente) contrapposto a quello “temporale” (Occidente).
Stato e nazione
Dialettica della storia nazionale
Viene condotta fino alla formulazione “dogmatica” definitiva, incluso il
paradigma istoriosofico del “nazional-bolscevismo” (N.Ustrjalov) e la sua
interpretazione (M.Agurskij). Il modello è il seguente:
Il periodo di Kiev come preannuncio della missione nazionale a venire (IX-XIII
sec.);
Invasione mongolo-tatara come scudo contro le tendenze livellatrici europee,
l'impulso geopolitico e amministrativo dell’Orda viene trasferito ai Russi,
divisione dei Russi fra occidentali ed orientali, differenziazione di tipi
culturali, formazione dei Grandi-Russi sulla base dei “russi-orientali”sotto
il controllo dell’Orda (XIII-XV sec.);
Impero moscovita come apice della missione nazional-religiosa della Rus’
(Terza Roma) (XV-fine XVII sec.);
Giogo romano-germanico (Romanov), collasso dell’unità nazionale,
divisione fra élite filoccidentale e masse nazionali (fine XVII-inizio
XX sec.).
Periodo sovietico, rivincita delle masse nazionali, periodo del “messianismo
sovietico”, ristabilimento dei parametri fondamentali della linea direttrice
moscovita (XX sec.);
Fase di torbidi, che deve concludersi in una nuova spinta eurasista (inizio
XXI sec.).
Piattaforma politica
Il neo-eurasismo integra la metodologia della scuola di Vilfrido Pareto,
si muove entro la logica della riabilitazione della “gerarchia organica”,
riprende alcuni motivi nietzscheani, sviluppa la dottrina della “ontologia
del potere”, della concezione Ortodossa del potere come “kat’echon”.
L’idea di “élite” integra le costruzioni dei tradizionalisti europei,
autori di ricerche sul sistema delle caste nelle società antiche
e della sua ontologia e sociologia (R.Guénon, J.Evola, J.Dumézil,
L.Dumont). La teoria della “passionarietà” di Gumilevic sta a fondamento
della concezione della “nuova élite eurasista”.
La tesi della “demotia” è la prosecuzione delle teorie politiche della “democrazia organica”
da J.J.Rousseau a C.Schmitt, J.Freund, A.de Benoist e A.Mueller van der
Bruck. Definizione del concetto eurasista di “democrazia” (“demotia”) come
“partecipazione del popolo al suo proprio destino”.
La tesi dell’ “ideocrazia” dà fondamento al richiamo alle idee della “rivoluzione conservatrice”
e della “terza via”, alla luce dell’esperienza delle ideocrazie sovietica,
israeliana, islamica, analizza i motivi del loro insuccesso storico. Viene
ripensato criticamente il contenuto qualitativo dell’ideocrazia del XX
secolo, viene elaborata una conseguente critica del periodo sovietico (predominio
della concezione quantitativa e delle teorie profane, peso sproporzionato
della concezione classista).
Allo sviluppo delle idee degli eurasisti classici concorrono
i seguenti elementi:
La filosofia del tradizionalismo (Guénon, Evola, Burckhardt,
Corbin), l’idea della decadenza radicale del “mondo moderno”, profondo
insegnamento della Tradizione. La concezione globale del “mondo moderno”
(categoria negativa) come antitesi del “mondo della Tradizione” (categoria
positiva) conferisce alla critica della civiltà occidentale un fondamentale
carattere metafisico, precisando il contenuto escatologico, critico, fatale
dei fondamentali processi – di ordine intellettuale, tecnologico, politico
ed economico – che originano in Occidente. Le intuizioni dei conservatori
russi, dagli slavofili agli eurasisti classici, vengono completate da una
fondamentale base teorica. (Cfr. A.Dughin, “La Patria Assoluta” [Absoljutnaja
Rodina], Mosca 1999; “La Fine del Mondo” [Konets Sveta], Mosca 1997; “Julius
Evola et le conservatisme russe”, Roma 1997).
L’indagine sulle strutture del sacro (M.Eliade, K.G.Jung, C.Levi-Strauss),
la rappresentazione della coscienza arcaica come del complesso manifestazionista
paradigmatico che giace alle radici della cultura. La riduzione del multiforme
pensiero umano, della cultura, ad antiche stratificazioni psichiche, dove
sono concentrati frammenti di arcaici rituali iniziatici, miti, complessi
sacrali originari. Interpretazione del contenuto della cultura razionale
attraverso il sistema delle antiche credenze pre-razionale (A.Dughin, “L’evoluzione
dei fondamenti paradigmatici della scienza” [Evoljutsija paradigmal’nyh
osnovanij nauki], Mosca 2002).
La ricerca dei paradigmi simbolici originari della matrice spazio-temporale,
che sta alla base di riti, linguaggi e simboli (H.Wirth, ricerche
paleo-epigrafiche). Il tentativo di fondazione dei monumenti linguistici
(Svityc-Illic), epigrafici (runologia), mitologici, folkloristici, rituali
e di diverso genere ricostruisce una originale mappa della “concezione
sacra del mondo” comune a tutti gli antichi popoli d’Eurasia, l’esistenza
di radici comuni (Cfr. A.Dughin “Teoria iperborea” [Giperborejskaja Teorija],
Mosca 1993.
Il bilancio dello sviluppo delle idee geopolitiche in Occidente (Mackinder,
Haushofer, Lohhausen, Spykman, Brzeszinski, Thiriart e altri). Dall’epoca
di Mackinder la scienza geopolitica ha conosciuto una consistente evoluzione.
Il ruolo delle costanti geopolitiche nella storia del XX secolo è
apparso con chiarezza tale da fare della geopolitica una disciplina autonoma.
Nel contesto della geopolitica, il concetto stesso di “eurasismo” ed “Eurasia”
ha acquistato un nuovo, più ampio significato. Da un certo momento
in poi, eurasismo, in senso geopolitico, ha incominciato a indicare la
configurazione continentale di un blocco strategico (esistente o potenziale),
creato attorno alla Russia o sulla sua base allagata, e in antagonismo
(attivo o passivo) alle iniziative strategiche del contrapposto polo geopolitico
– l’”atlantismo”, alla testa del quale alla metà del XX secolo si
sono insediati gli USA al posto dell’Inghilterra. La filosofia e l’idea
politica dei classici russi dell’eurasismo in tale situazione sono state
considerate come la più conseguente e potente espressione (completamento)
dell’eurasismo nel suo significato strategico e geopolitico. Grazie allo
sviluppo delle indagini geopolitiche (A.Dughin, “Fondamenti di geopolitica”
[Osnovye geopolitiki], Mosca 1997] il neo-eurasismo diventa un sistema
metodologico evoluto. Risalta particolarmente significato della coppia
Terra – Mare (secondo Carl Schmitt), la proiezione di tale coppia su di
una pluralità di fenomeni – dalla storia della religione all’economia.
La ricerca di un’alternativa globale al mondialismo (globalismo),
in quanto fenomeno ultra-moderno, riassumente tutto ciò che l’eurasismo
(ed il neo-eurasismo) valutano con segno negativo. L’eurasismo in senso
lato diviene la piattaforma concettuale dell’antiglobalismo ovvero del
globalismo alternativo. L’ “eurasismo” riunisce tutte le tendenze contemporanee
che negano al globalismo un contenuto oggettivo (ed a maggior ragione positivo),
offre all’intuizione antiglobalista un nuovo carattere di generalizzazione
dottrinale.
L’assimilazione della critica sociale della “nuova sinistra” in una
“interpretazione di destra-conservatrice” (ripensamento dell’eredità
di M.Foucault, G.Deleuze, A.Artaud, G.Débord). Assimilazione
del pensiero critico degli oppositori del sistema occidentale borghese
dalle posizioni dell’anarchismo, neo-marxismo ecc. Questo polo concettuale
rappresenta una nuova fase di sviluppo delle tendenze di “sinistra” (nazional-bolsceviche)
esistenti anche fra i primi eurasisti (Suvchinskij, Karsavin, Efron),
ed anche una metodologia di comprensione reciproca con l’ala “sinistra”
dell’antiglobalismo.
Economia della “terza via”, “autarchia dei grandi spazi”. Applicazione
di modelli economici eterodossi alla realtà russa post-sovietica.
Applicazione della teoria delle “unioni doganali” di F.List. Attualizzazione
delle teorie di S.Gesell. F.Schumpeter, F.Leroux, nuova lettura
eurasista di Keynes.
Articolo pubblicato sulla rivista Evraziiskoe Obozrenie,
n. 5 2002.Traduzione dall'originale russo di M.Conserva