Цели «Евразийского Движения»:
- спасти Россию-Евразию как полноценный геополитический субъект
- предотвратить исчезновение России-Евразии с исторической сцены под давлением внутренних и внешних угроз --
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Il termine "nazional-bolscevismo" può
indicare cose molto diverse fra loro. E' emerso
pressoché simultaneamente in Russia e in Germania a
significare l'intuizione, da parte di alcuni teorici
politici, del carattere nazionale della Rivoluzione
bolscevica del 1917, celato dalla fraseologia del
marxismo internazionalista ortodosso.
Nel contesto
russo, "nazional-bolscevichi" fu la denominazione
abituale di quei comunisti orientati alla conservazione
dello Stato e - coscientemente o meno - continuatori
della linea geopolitica della missione storica
Grande-Russa. Ma nazional-bolscevichi russi si
ritrovarono sia fra i Bianchi (Ustrjalov,
smeno-vekhovtsij, Eurasisti di sinistra) sia fra
i Rossi (Lenin, Stalin, Radek, Lezhnev, ecc.). (1)
In Germania il fenomeno analogo si associò alle forme di
nazionalismo di estrema sinistra degli anni '20 e
'30, nelle quali aveva luogo una combinazione fra idee
socialiste non ortodosse, idea nazionale e
attitudine positiva nei confronti della Russia
Sovietica. Fra i nazional-bolscevichi tedeschi, il
più coerente e radicale fu senz'altro Ernst Niekisch; a
questo movimento possono inoltre essere ricondotti
alcuni rivoluzionari-conservatori come Ernst Juenger,
Ernst von Salomon, August Winnig, Karl Petel, Harro
Schulzen-Beysen, Hans Zehrer, i comunisti Laufenberg e
Wolffheim, e persino alcuni esponenti dell'estrema ala
sinistra del Nazional-socialismo, come Strasser e, per
un certo periodo, Joseph Goebbels.
In verità, il concetto di "nazional-bolscevismo" per
ampiezza e profondità travalica le correnti politiche
sopra elencate. Tuttavia, per giungere ad una
comprensione adeguata, dovremo esaminare problemi
teorici e filosofici di ordine più globale, concernenti
le definizioni di "destra"e "sinistra", di "nazionale" e
"sociale". La parola "nazional-bolscevismo" contiene
un consapevole paradosso: come possono due nozioni
mutualmente esclusive combinarsi in un unico
termine?
Indipendentemente dagli esiti raggiunti dalle
riflessioni dei nazional-bolscevichi, che risentirono
senza dubbio delle limitazioni del contesto storico
specifico, l'idea di un approccio da sinistra al
nazionalismo, e da destra al bolscevismo, si rivela
soprendentemente ed inaspettatamente feconda, aprendo
orizzonti assolutamente nuovi alla comprensione
della logica storica, dello sviluppo sociale e del
pensiero politico.
Il nostro punto d'avvio non sarà un particolare fatto
politico concreto: Niekisch scrisse questo, Ustrjalov
valutò un certo fenomeno in questo modo, Savitskij
addusse queste argomentazioni, e così via. Dovremo
invece tentare l'osservazione del fenomeno da un
punto di vista senza precedenti - quello stesso che lo
rese possibile, l'esistenza stessa della
combinazione "nazional-bolscevismo". Così facendo,
saremo in grado non soltanto di descrivere il
fenomeno, ma anche di comprenderlo e - grazie a ciò
- comprendere molti altri aspetti della nostra epoca
paradossale.
2. L'inestimabile contributo di
Karl Popper
Nell'arduo compito di definire
l'essenza del "nazional-bolscevismo", è difficile
immaginare qualcosa di migliore del riferimento alle
ricerche sociologiche di Karl Popper, e specialmente al
suo fondamentale lavoro - La Società Aperta e i suoi
Nemici. In quest'opera ponderosa Popper propone un
modello piuttosto convincente in base al quale tutti i
tipi di società si ripartiscono a grandi linee in due
categorie principali - le "Società aperte" e le "Società
non aperte", ovvero le "Società dei Nemici della Società
aperta". Secondo Popper, la "Società aperta" si basa sul
ruolo centrale dell'individuo e sulle sue
caratteristiche fondamentali: razionalità,
discrezionalità, assenza di una teleologia globale
nell'azione, ecc. Il senso della "Società aperta"
consiste nel rigetto di tutte le forme di Assoluto non
comparabili all'individualità e alla natura di questa.
Una tale società è "aperta" proprio a causa del semplice
fatto che la varietà possibile di combinazione degli
atomi individuali è illimitata (nonché priva di senso e
di scopo); teoricamente, una società di questo genere
dovrebbe essere indirizzata al conseguimento di un
equilibrio dinamico ideale. Lo stesso Popper si dichiara
un convinto sostenitore della "società aperta".
Il secondo tipo di società è definito da Popper come
"ostile alla società aperta". Volendo prevenire le
possibili obiezioni, egli non la chiama "società
chiusa", ma usa frequentemente il termine "totalitaria".
In ogni caso, secondo Popper, la semplice
accettazione o rifiuto del concetto di "società aperta"
costituisce un criterio di classificazione per
qualsiasi dottrina politica, sociale o filosofica.
Nemici della "Società Aperta" sono coloro che
propugnano ogni genere di modello teoretico fondato
sull'Assoluto, invece che sul ruolo centrale
dell'individuo. L'Assoluto, quand'anche la sua
istituzione avvenisse spontaneamente e per libera
scelta, immediatamente invade la sfera individuale,
trasforma radicalmente il suo processo evolutivo, viola
coercitivamente l'integrità atomistica dell'individuo
sottomettendolo a qualche altro impulso individuale
esterno. L'individuo viene immediatamente limitato
dall'Assoluto - pertanto, la società perde la sua
qualità di "apertura" e la prospettiva di un libero
sviluppo in tutte le direzioni. L'Assoluto detta fini e
compiti, stabilisce dogmi e norme, plasma l'individuo
come lo scultore plasma il suo materiale.
Popper fa iniziare la genealogia dei nemici della
"Società Aperta" con Platone, che considera il fondatore
del totalitarismo in filosofia ed il padre dell'
"oscurantismo". Poi, via via, fa seguire Schlegel,
Schelling, Hegel, Marx, Spengler ed altri pensatori
moderni, tutti accomunati, nella sua classificazione, da
un indizio: l'introduzione di costrutti metafisici,
etici, sociologici ed economici fondati su princìpi che
negano la "società aperta" ed il ruolo centrale
dell'individuo. E su questo punto Popper è assolutamente
nel giusto.
L'elemento più importante dell'analisi di Popper è il
fatto che pensatori e politici sono catalogati come
"nemici della società aperta" indipendentemente dalle
loro convinzioni "di destra" o "di sinistra",
"reazionarie" o "progressiste". Egli pone l'accento
su un altro più sostanziale e più fondamentale criterio,
che accoglie da entrambi i poli ed unifica ideologie e
filosofie a prima vista eterogenee e contraddittorie.
Marxisti, conservatori, fascisti, persino alcuni
social-democratici - tutti questi possono essere
identificati come "nemici della società aperta". Al
tempo stesso, liberali come Voltaire o pessimisti
reazionari come Schopenhauer possono scoprirsi uniti
nell'insieme degli amici della società aperta.
La formula di Popper è dunque questa: o la "società
aperta" o "i suoi nemici".
3. La santa alleanza
dell'oggettivo
La definizione più felice e pregnante di
nazional-bolscevismo sarà allora la seguente: "Il
nazional-bolscevismo è la super-ideologia comune a
tutti i nemici della società aperta". Non solo una fra
le ideologie ostili a tale società - ma precisamente la
sua antitesi consapevole, totale e naturale. Il
nazional-bolscevismo è un tipo di ideologia che
poggia sulla completa e radicale negazione
dell'individuo e del suo ruolo centrale; e nella quale
l'Assoluto - nel cui nome l'individuo è negato - assume
il suo senso più ampio e generale. Oseremmo dire che il
nazional-bolscevismo giustifica qualsiasi versione
dell'Assoluto, qualsiasi rifiuto della "società aperta".
Nel nazional-bolscevismo è insita la tendenza ad
universalizzare l'Assoluto ad ogni costo, a promuovere
un 'ideologia ed un programma politico tali da essere
l'incarnazione di tutte le forme intellettuali di
ostilità alla "società aperta", ricondotte ad un comune
denominatore ed integrate in un blocco concettuale e
politico indivisibile.
Naturalmente, nel corso storico, le varie tendenze
ostili alla società aperta furono anche ostili le une
verso le altre. I comunisti hanno negato sdegnati la
loro somiglianza ai fascisti, ed i conservatori si sono
rifiutati di avere alcunché a che fare con ambedue le
correnti citate. In pratica, nessuno fra i "nemici della
società aperta" ha mai ammesso un rapporto con le altre
ideologie analoghe, considerando anzi il paragone stesso
come una critica denigratoria. Allo stesso tempo,
le differenti versioni della medesima "società aperta"
si sono sviluppate in stretta unione reciproca,
dimostrando una chiara coscienza della loro parentela
ideologica e filosofica. Il principio
dell'individualismo ha saputo unire la monarchia
protestante dell'Inghilterra al parlamentarismo
democratico del Nordamerica, dove agli inizi il
liberalismo si combinò graziosamente con il possesso di
schiavi.
Furono precisamente i nazional-bolscevichi i primi a
tentare una coalizione delle varie ideologie ostili alla
"società aperta"; essi rivelarono l'esistenza di
quell'asse comune che - al pari dei loro avversari
ideologici - riuniva attorno a sé tutte le possibili
alternative all'individualismo e alla società su di esso
fondata.
I primi nazional-bolscevichi storici costruirono le
loro teorie sulla base di questo impulso profondo e
quasi del tutto irriflesso. Bersaglio della critica
nazional-bolscevica fu l'individualismo, di "destra"
come di "sinistra". A destra, esso si esprimeva
nell'economia, nella "teoria del libero mercato"; a
sinistra, nel liberalismo politico: la "società
legalitaria", i "diritti umani", e via dicendo.
In altre parole, al di là delle ideologie i
nazional-bolscevichi seppero cogliere l'essenza della
posizione metafisica loro e dei loro
avversari.
Nel linguaggio filosofico, "individualismo" si
identifica praticamente con "soggettivismo". Se operiamo
una lettura della strategia nazional-bolscevica a
questo livello, possiamo affermare che il
nazional-bolscevismo è nettamente contrario al
"soggettivo" e nettamente favorevole all'"oggettivo". La
questione non si pone nei termini: materialismo o
idealismo? ma nei termini: idealismo oggettivo e
materialismo oggettivo (da un lato della barricata!) o
idealismo soggettivo e materialismo soggettivo (2)
(dall'altro!)
Così, la filosofia politica del nazional-bolscevismo
sostiene la naturale unità delle ideologie fondate
sull'affermazione della posizione centrale
dell'oggettivo, al quale è conferito uno status identico
a quello dell'Assoluto, indipendentemente da come
sia interpretato questo carattere oggettivo. Potremmo
dire che la massima metafisica suprema del
nazional-bolscevismo è la formula induista Atman è
Brahaman. Nell'induismo, Atman è il Sé umano
supremo, trascendente, indifferente al sé individuale,
ma al tempo stesso interno a quest'ultimo, come sua
parte più intima e misteriosa, sfuggente ai
condizionamenti dell'immanente. L'Atman è lo
Spirito interiore, ma in senso oggettivo e
sovraindividuale. Brahman è la realtà assoluta, che
abbraccia l'individuo dall'esterno, il carattere
oggettivo esteriore elevato alla sua fonte primaria
suprema. L'identità di Atman e Brahman nell'unità
trascendentale è il suggello della metafisica induista
e, soprattutto, il punto di partenza della
reallizzazione spirituale. Si tratta di un elemento
comune a tutte le dottrine sacre, senza eccezione. In
tutte si presenta la questione dello scopo
fondamentale dell'esistenza umana, ossia del superamento
di sé, dell'espansione oltre i limiti del piccolo sé
individuale; la via che allontana da questo sé,
interiore od esteriore, conduce al medesimo esito
vittorioso. Da qui il paradosso della tradizione
iniziatica, espresso nella famosa formula del Vangelo:
"colui che perde la sua anima nel mio nome, costui avrà
salva l'anima". Lo stesso significato è contenuto nella
geniale affermazione di Nietzsche: "L'umano è ciò che
deve essere superato". Il dualismo filosofico fra
"soggettivo" e "oggettivo" ha influenzato lungo tutto il
corso della storia la sfera più concreta delle
ideologie, in seguito le specificità della politica e
dell'ordinamento sociale. Le differenti versioni della
filosofia "individualista" si sono progressivamente
concentrate nel campo ideologico del liberalismo e della
politica liberal-democratica. Si tratta appunto del
macro-modello di "società aperta" di cui si è occupato
Popper. La "società aperta" è il frutto ultimo e più
maturo dell'individualismo fattosi ideologia e
realizzatosi in una politica concreta. E' quindi
doveroso sollevare il problema di un massimo comune
modello ideologico per i fautori dell'approccio
"oggettivo", di un programma socio-politico universale
per i "nemici della società aperta". Il risultato che
otterremo sarà appunto l'ideologia del
nazional-bolscevismo.
In parallelo alla radicale innovazione di questa
discriminante filosofica, operata verticalmente rispetto
agli schemi consueti (come idealismo-materialismo),
i nazional-bolscevichi segnano una nuova linea di
confine in politica. Destra e sinistra sono ora
entrambre divise in due settori. L'estrema sinistra -
comunisti, bolscevichi, "hegeliani di sinistra" -
vengono a combinarsi nella sintesi nazional-bolscevica
con estremisti nazionalisti, étatisti, sostenitori
dell'idea del "Nuovo Medioevo" - in breve, con tutti
gli "hegeliani di destra".(3)
I nemici della società aperta fanno ritorno al loro
terreno metafisico
comune.
4. La Metafisica del Bolscevismo
(Marx, visto “da destra”)
Chiariamo ora il modo di intendere le due
componenti dell'espressione "nazional-bolscevismo" in un
significato puramente metafisico.
Come è noto, il termine "bolscevismo" ha fatto la sua
comparsa nel corso del dibattito interno al POSDR
(Partito Operaio Social-Democratico Russo) per definire
la frazione che si schierò con Lenin. Ricordiamo che la
politica di Lenin nell'ambito della socialdemocrazia
russa consistette in un indirizzo di estrema radicalità,
nel rifiuto dei compromessi, nell'accentuazione del
carattere élitario del partito e nel blanquismo
(teoria della "cospirazione rivoluzionaria"). In
seguito, gli uomini che condussero a termine la
Rivoluzione d'Ottobre e presero il potere in Russia
furono detti "bolscevichi". Ma, nella fase
post-rivoluzionaria, quasi da subito il termine perdette
il suo significato circoscritto ed incominciò ad essere
inteso come sinonimo di "maggioritario", di "politica
pan-nazionale", di "integrazione nazionale" (il russo
bolscevico può approssimativamente tradursi come
"rappresentante della maggioranza"). Si giunse ad
una fase in cui il "bolscevismo" fu percepito come una
versione nazionale, puramente russa, del comunismo e
del socialismo, in contrapposizione alle astrazioni
dogmatiche dei Marxisti e, allo stesso tempo, della
tattica conformista delle altre tendenze
socialdemocratiche. Una simile interpretazione del
"bolscevismo" fu in larga misura caratteristica della
Russia, e fu quella che predominò quasi
incontrastata in Occidente. La menzione del
"bolscevismo" in relazione con il termine
"nazional-bolscevismo" non si limita tuttavia a
questo significato storico. Siamo in presenza di una
determinata politica, comune a tutte le tendenze
della sinistra radicale di natura socialista o
comunista; possiamo definirla "radicale",
"rivoluzionaria", "anti-liberale". Il riferimento è
a quell'aspetto delle teorie di sinistra che Popper
definisce come "ideologia totalitaria" o come teoria
dei "nemici della Società Aperta". Dunque, non è
possibile ridurre il "bolscevismo" all'influsso
della mentalità russa sulla dottrina socialdemocratica.
Si tratta di una determinata componente sempre
presente in tutte le filosofie di sinistra, e che
poté liberamente svilupparsi soltanto nelle condizioni
della Russia.
Negli ultimi tempi, una questione viene sollevata
sempre più frequentemente dagli storici maggiormente
obiettivi: l'ideologià fascista è realmente di
destra? E il fatto stesso di esprimere questo dubbio
punta naturalmente in direzione della possibile
reinterpretazione del "fascismo" come fenomeno ben più
complesso, e che presenta una quantità di tratti
tipicamente "di sinistra". Per quanto ci è noto, la
questione simmetrica - l'ideologià comunista è
realmente di sinistra? - non è stata ancora
sollevata. Ma la questione si fa sempre più urgente: è
necessario porre quella domanda.
E' difficile negare al comunismo tratti
autenticamente "di sinistra" - quali l'appello alla
razionalità, al progresso, all'umanismo,
all'egualitarismo, ecc. Ma, al fianco di questi, esso
presenta aspetti che escono, senza ombra di dubbio,
da una cornice di "sinistra" e si associano alla sfera
dell'irrazionale, della mitologia, dell'arcaicismo,
dell'anti-umanismo e del totalitarismo. E' questo
insieme di elementi di "destra" presenti nell'ideologia
comunista, che dovrebbe essere definito
"bolscevismo" nel senso più generale. Già nel marxismo
stesso, due suoi "ingredienti" ideologici apparvero
subito sospetti, dal punto di vista del pensiero
progressista, autenticamente di "sinistra". Si
tratta dell'eredità degli utopisti francesi e
dell'hegelismo. Solo l'etica di Feuerbach contrasta con
l'essenza "bolscevica" della costruzione ideologica
di Marx, conferendo all'intero discorso una certa
coloritura terminologica umanista e
progressista.
I socialisti utopisti, certamente inclusi da Marx nel
novero dei suoi predecessori e maestri, sono gli
esponenti di un particolare messianesimo mistico ed i
precursori del "ritorno all'Età dell'Oro". Praticamente
tutti furono membri di società esoteriche, fortemente
connotate da un'atmosfera di misticismo radicaleggiante,
escatologia e predizioni apocalittiche. Era un
universo in cui si intersecavano motivi settari,
occultistici e religiosi, il cui senso si riduceva allo
schema seguente: "Il mondo moderno è irrimediabilmente
malvagio, esso ha perduto la dimensione del sacro.
Le istituzioni religiose si sono corrotte ed hanno
perduto la benedizione di Dio [un tema comune fra
le sette estremiste protestanti, gli Anabattisti e
i Vecchi Credenti russi]. A governare il mondo sono il
male, il materialismo, l'inganno, la menzogna,
l'egoismo. Ma gli iniziati sanno di una prossima venuta
della nuova età dell'oro, e la favoriscono con
rituali enigmatici ed azioni occulte".
I socialisti utopisti proiettarono questo modello,
comune all'esoterismo messianico occidentale, sulla
realtà sociale, e rivestirono di sembianze politiche e
sociali il secolo aureo a venire. Certamente, vi era in
esso un elemento di razionalizzazione del mito
escatologico, ma allo stesso tempo il carattere
sovrannaturale del Regno venturo, del Regnum, è
evidente nei loro programmi sociali e nei loro
manifesti, dove non è difficile incontrare descrizioni
delle meraviglie della futura società comunista
(navigazione sul dorso di delfini, manipolazione delle
condizioni meteorologiche, comunanza delle mogli, voli
umani, ecc.). E' assolutamente palese il carattere quasi
Tradizionale di questo indirizzo politico: un misticismo
escatologico così radicale, l'idea del ritorno alle
Origini, giustificano pienamente la classificazione di
questa componente non solo a "destra", ma alla "estrema
destra".
Veniamo ad Hegel e alla sua dialettica. E' ampiamente
noto che le convinzioni politiche personali del filosofo
furono estremamente reazionarie. Ma non è questo il
punto. Se esaminiamo da vicino la dialettica di Hegel,
il fondamento metodologico della sua filosofia (e fu
proprio il metodo dialettico ciò che Marx prese a
prestito in larghissima misura da Hegel), scopriamo una
dottrina perfettamente tradizionalista, escatologica
perfino, che fa uso di una terminologia specifica.
Inoltre, tale metodologia riflette la struttura
dell'approccio iniziatico, esoterico, ai problemi
gnoseologici, ben distante dalla logica puramente
profana di Descartes e Kant; costoro ebbero a fondamento
il "senso comune", le specificazioni gnoseologiche di
quella "coscienza della vita quotidiana" di cui - vale
la pena di notarlo - tutti i liberali, e in particolare
Karl Popper, sono apologeti.
La filosofia della storia di Hegel è una versione del
mito tradizionale, integrata da una teleologia puramente
cristiana. L'Idea Assoluta, alienata da se stessa,
diviene il mondo (ricordiamo la formula del Corano:
"Allah era un tesoro nascosto che volle essere
scoperto"). Incarnatasi nella storia, l'Idea Assoluta
esercita un'influenza dall'esterno sugli uomini,
come "astuzia della Ragione", predeterminano il
carattere provvidenziale della trama degli eventi.
Ma alla fine, mediante l'avvento del Figlio di Dio, la
prospettiva apocalittica della realizzazione totale
dell'Idea Assoluta si disvela al livello soggettivo,
che, proprio per effetto di ciò, da "soggettivo" si fa
"oggettivo". "L'Essere e l'Idea sono una cosa sola".
Atman coincide con Brahaman. E questo avviene in un
determinato Regno particolare, in un impero della Fine,
che il nazionalista tedesco Hegel identificò con la
Prussia. L'Idea Assoluta è la tesi; l'alienazione nella
storia è l'antitesi; la sua realizzazione nel Regno
escatologico è la sintesi. La gnoseologia hegeliana si
fonda su questa visione ontologica. Distinta dalla
razionalità comune - che poggia sulle leggi della logica
formale, opera soltanto con affermazioni positive e si
limita alle attuali relazioni di causa-effetto - la
"nuova logica" di Hegel assume per oggetto quella
speciale dimensione ontologica della cosa, integreta dal
suo aspetto potenziale, inaccessibile alla "coscienza
della vita quotidiana" ma attivamente impiegata dalle
correnti mistiche di Paracelso, Jakob Boheme, gli
Ermetisti e i Rosacrociani. Il fatto di un soggetto o
affermazione (al quale si riduce la gnoseologia
"quotidiana" di Kant) è per Hegel solo una delle tre
Ipostasi. La Seconda Ipostasi è la "negazione" di quel
fatto, intesa non come un puro nulla (secondo la visione
della logica formale) ma come una particolare modalità
di esistenza sovraintellettuale di una cosa o di
un'affermazione. La Prima Ipostasi è il Ding fuer
uns (la cosa per noi); la Seconda è il Ding an
sich (la cosa in sé). Ma a differenza della
prospettiva kantiana, la "cosa in sé" è interporetata
non come qualcosa di trascendente e puramente apofatico,
non come un non-essere gnoseologico, ma come un
essere-in-altro-modo gnoseologico. Ed entrambe queste
Ipostasti relative sfociano nella Terza, la sintesi, che
abbraccia affermazione e negazione, tesi e antitesi.
Così, considerando il processo di pensiero nella sua
coerenza, la sintesi ha luogo dopo la "negazione", in
quanto seconda negazione, ossia "negazione della
negazione". Nella sintesi sono comprese sia
l'affermazione sia la negazione. La cosa co-esiste con
la sua propria morte, che secondo una particolare
prospettiva ontologica e gnoseologica non è vista come
vuoto, ma come altro-modo-di-essere della vita, come
anima.
Il pessimismo gnoseologico kantiano, radice della
meta-ideologia liberale, è rovesciato, è svelato quale
"irriflessione", e il Ding an sich (cosa in
sé) diviene Ding fuer sich (cosa per sé). La
ragione del mondo e il mondo stesso si combinano nella
sintesi escatologica, dove esistenza e non-esistenza
sono entrambe presenti, senza escludersi reciprocamente.
Il Regno Terreno della Fine, retto dalla casta degli
iniziati (la Prussia ideale) si integra con la Nuova
Gerusalemme discesa in terra. Giunge la fine della
storia e l'era dello Spirito Santo.
Questo scenario messianico escatologico fu preso a
prestito da Marx ed applicato ad una sfera differente,
quella delle relazioni economiche. Una domanda
interessante: perché fece questo? La "destra" è solita
rispondere citando la sua "mancanza di idealismo",
la sua "natura grossolana" (se non i suoi intenti
sovversivi). Spiegazioni soprendentemente sciocche,
che pure mantengono la loro popolarità nel corso di
varie generazioni di reazionari. Molto più
verosimilmente, Marx - che studiò a fondo l'economia
politica inglese - fu colpito dalla somiglianza fra le
teorie liberiste di Adam Smith, che vide la storia come
un movimento progressivo verso la società del libero
mercato e l'universalizzazione di un comune
denominatore monetario materiale, e il concetto
hegeliano che esprime l'antitesi storica, vale a dire,
l'alienazione dell'Idea Assoluta nella storia. In modo
geniale, Marx ha identificato la massima alienazione
dell'Assoluto nel Capitale, la formazione sociale che ha
attivamente sussunto l'Europa a lui contemporanea.
Dall'analisi della struttura del capitalismo e del
suo sviluppo storico Marx trasse la conoscenza della
meccanica dell'alienazione, la formula alchemica
delle sue regole di funzionamento. E questa comprensione
meccanica - le "formule dell'antitesi" - fu
solo la prima e necessaria condizione per la Grande
Restaurazione ovvero l'Ultima Rivoluzione. Per Marx
il Regno del comunismo a venire non era semplicemente il
progresso, ma l'esito finale, il ribaltamento, la
"rivoluzione" nel senso etimologico del termine. Non a
caso, egli definisce lo stadio iniziale dell'umanità
come "comunismo delle caverne". La tesi è il "comunismo
delle caverne", l'antitesi è il Capitale, la sintesi
è il comunismo mondiale. Comunismo è sinonimo di Fine
della Storia, di era dello Spirito Santo. Il
materialismo, la focalizzazione sulle relazioni
economiche e industriali, tutto questo non testimonia
dell'interesse di Marx per la prassi, ma della sua
aspirazione alla trasformazione magica della realtà e
del suo radicale rifiuto dei sogni compensatori di
tutti quei sognatori irresponsabili che non fanno altro
che aggravare l'elemento dell'alienazione con la
loro inazione. Secondo una simile logica, gli alchimisti
medievali potrebbero essere tacciati di "materialismo" e
sete di guadagno - qualora non si tenga in
considerazione il simbolismo profondamente spirituale ed
iniziatico che si cela dietro i loro discorsi sulla
distillazione delle urine, sulla fabbricazione dell'oro,
sulla conversione dei minerali in metalli, e via
dicendo.
Queste tendende Gnostiche presenti in Marx e nei suoi
predecessori furono raccolte dai bolscevichi russi,
cresciuti in un ambiente nel quale le forze enigmatiche
delle sette russe, il messianismo nazionale, le società
segrete ed i tratti appassionati e romantici dei ribelli
russi erano in fermento contro un regime monarchico
alienato, secolarizzato e degradato. "Mosca - Terza
Roma"; il popolo russo come portatore di Dio; la nazione
dell'Uomo Integrale; la Russia destinata a salvare il
mondo: di tutte queste idee era impregnata la vita
russa, in sintonia con l'inclinazione a scorgere un
soggetto esoterico nel marxismo. Ma, al di là delle
formule strettamente spiritualistiche, il marxismo
offriva una strategia economica, politica e sociale,
chiara e concreta, comprensibile anche alla gente
semplice ed atta a fornire una base a provvedimenti di
natura sociale e politica.
Fu questo "marxismo di destra" a trionfare in Russia,
sotto il nome di "bolscevismo". Ma ciò non significa che
si tratto di una questione unicamente russa:
tendenze analoghe sono presenti nei partiti e nei
movimenti comunisti di tutto il mondo - beninteso,
quando questi non si siano degradati al livello delle
socialdemocrazie parlamentari e resi conformi allo
spirito liberale. Così, non sorprende affatto che
rivoluzioni socialiste abbiano avuto luogo, oltre che in
Russia, solo nell'Oriente: Cina, Corea, Vietnam, ecc. E'
la conferma di come proprio i popoli e le nazioni più
tradizionali, le meno progressiste e "moderne" (ossia
meno "alienate allo Spirito"), quelle più "a destra",
abbiano riconosciuto nel comunismo un'essenza mistica,
spirituale, "bolscevica".
Il nazional-bolscevismo prende il via proprio da
questa tradizione bolscevica, dalla politica del
"comunismo di destra" le cui origini risalgono alle
antiche società iniziatiche e alle dottrine spirituali
di età remote. L'aspetto economico del comunismo non
viene quindi negato, ma considerato come un mezzo della
pratica teurgica, magica, come un particolare strumento
della trasformazione sociale. La sola cosa che qui va
rigettata è quella componente storicamente inadeguata e
caduca del discorso marxista, nella quale sono presenti
i temi accidentali e obsoleti dell'umanismo e del
progressismo.
Il Marxismo dei nazional-bolscevichi equivale a Marx
meno Feuerbach - ossia meno l'evoluzionismo e meno
quell'umanismo inerziale che talora
emerge.
5. Metafisica della
Nazione
Anche l'altra parte del termine
"nazional-bolscevismo" merita di essere spiegata. Il
concetto di "nazione" è tutt'altro che semplice; la
sua interpretazione può essere di natura biologica,
politica, culturale, economica. Nazionalismo può
significare tanto l'esaltazione della "purezza razziale"
o della "omogeneità etnica", quanto l'aggregazione
degli individui atomizzati allo scopo di assicurarsi
l'optimum di condizioni economiche nello spazio
sociale e geografico limitato.
La componente "nazionale" del nazional-bolscevismo
(nel suo senso sia storico, sia metastorico, assoluto) è
del tutto speciale. Nel corso della storia i circoli
nazional-bolscevichi si sono contraddistinti per la
tendenza a leggere il concetto di nazione nel suo
significato imperiale, geo-politico. Per i segueci di
Ustrjalov, gli Eurasisti di sinistra, per non parlare
dei nazional-bolscevichi Sovietici, il
"nazionalismo" è super-etnico, è associato al
messianesimo geopolitico, al "luogo di sviluppo",
alla cultura, al fenomeno-nazione su scala continentale.
Anche negli scritti di Niekisch e dei suoi seguaci
tedeschi incontriamo l'idea dell'impero continentale "da
Vladivostok a Flessing", insieme con l'idea di
"terza figura imperiale" (Das Dritte imperiale
Figur).
In tutti i casi, si tratta della questione
dell'intepretazione geopolitica e culturale della
nazione, aliena dalla minima traccia di razzismo,
jingoismo o mire di "purezza etnica".
Questa lettura culturale e geopolitica della
"nazione" è fondata sul fondamentale dualismo
geopolitico che nelle opere di Halford Mackinder
trovò la sua prima chiara definizione e venne in seguito
ripresa dalla scuola di Haushofer e dagli Eurasisti
russi. L'aggregazione imperiale delle nazioni orientali,
unite attorno alla Russia, costituisce il possibile
scheletro della nazione continentale, consolidata dalla
scelta "ideocratica" e dal rifiuto della
plutocrazia, dall'indirizzo socialista e
rivoluzionario di contro al capitalismo e al
"progresso".
E' significativo che Niekisch insistesse
nell'affermare che in Germania il "Terzo Reich" avrebbe
dovuto essere eretto attorno alla Prussia,
protestante e potenzialmente socialista, geneticamente e
culturalmente associata alla Russia e al mondo slavo
- e non alla Baviera cattolica e occidentale, gravitante
nell'orbita di Roma e del modello capitalista.(4)
Ma, insieme con questa versione "grande-continentale"
del nazionalismo - la quale, per inciso, corrisponde
esattamente alla rivendicazione messianica universale
specifica del nazionalismo russo, escatologico ed
ecumenico - è esistita nel nazional-bolscevismo anche
un'interpretazione più ristretta, che rispetto alla
scala imperiale non si presenta come una
contraddizione, ma come una sua definizione ad un
livello inferiore.
In quest'ultimo caso, la "nazione" è stata letta in
modo analogo a come il concetto di narod (popolo,
nazione) è stato interpretato dai narodniki
[populisti] russi - ossia come un ente integrale,
organico, per sua essenza refrattario a qualsiasi
suddivisione anatomica, dotato di un suo destino
particolare e di una sua struttura unica.
Secondo la dottrina Tradizionale, un determinato
Angelo, un determinato essere celestiale è incaricato
di vegliare su ciascuna nazione della Terra.
Quell'Angelo è il senso storico della particolare
nazione - al di fuori del tempo e dello spazio,
purtuttavia costantemente presente nelle vicissitudini
storiche della nazione. E' qui il fondamento della
mistica della nazione. L'Angelo della nazione non è
alcunché di vago o sentimentale, nebuloso - è un'essenza
intellettuale, luminosa, un "pensiero di Dio", come
disse Herder. La sua struttura è visibile nelle
realizzazioni storiche della nazione, nelle istituzioni
sociali e religiose che la caratterizzano, nella sua
cultura. L'intera trama della storia nazionale non è
altro che il testo della narrazione della qualità e
della forma di quel luminoso Angelo nazionale. Nelle
società tradizionali l'Angelo della nazione si
manifestava in forma personale nei re "divini", nei
grandi eroi, nei pastori e nei santi. Ma la sua realtà
sovrumana lo rende indipendente dal portatore umano.
Pertanto, una volta cadute le dinastie monarchiche, può
incarnarsi in una forma collettiva - ad esempio, in un
ordine, in una classe, persino in un partito.
Così, la "nazione", presa come categoria metafisica,
non si identifica con la moltitudine dei concreti
individui dello stesso sangue o parlanti la stessa
lingua, ma con la misteriosa personalità angelica
che si mostra lungo tutto il suo corso storico. E'
l'analogo dell'Idea Assoluta di Hegel, ma in forma
minuscola. L'intelletto nazionale si disperde nella
moltitudine degli individui e di nuovo si concentra -
nel suo aspetto cosciente, "compiuto"-
nell'élite nazionale nel corso di determinati
periodi escatologici della storia.
Siamo a un punto molto importante: queste due
interpretazioni della "nazione", entrambe accettabili
per l'ideologia nazional-bolscevica, hanno un retroterra
comune, un punto magico in cui si fondono assieme. Si
tratta della Russia e della sua missione storica. E'
significativo che nel nazional-bolscevismo tedesco fosse
la russofilia a svolgere la funzione di pietra angolare,
sulla quale veniva ad erigersi la visione geopolitica,
sociale ed economica. L'interpretazione russa (e in
larga misura sovietica) della "nazione russa" come
comunità mistica aperta, destinata a portare la luce
della salvezza e della verità al mondo intero nell'epoca
della fine dei tempi - questa intepretazione soddisfa
tanto la concezione grande-continentale quanto quella
storico-culturale della nazione. In questa prospettiva,
il nazionalismo russo e sovietico diviene il fulcro
ideologico del nazional-bolscevismo, non solo entro i
confini della Russia e dell'Europa orientale, ma a
livello planetario. L'Angelo della Russia si svela quale
Angelo dell'integrazione, quale essere luminoso
particolare che cerca di unire teologicamente altre
essenze angeliche all'interno di sé, senza cancellarne
le individualità, ma elevandole alla scala imperiale
universale. Non è affatto accidentale che Erich Mueller,
discepolo e collaboratore di Ernst Niekisch, abbia
scritto nel suo libro dal titolo Nazional-bolscevismo: "
Se il Primo Reich fu cattolico, e il Secondo fu
Protestante, il Terzo Reich dovrebbe essere Ortodosso".
Ortodosso e Sovietico, al tempo stesso.
Nel caso specifico, siamo di fronte ad una questione
di estremo interesse. Se gli Angeli delle nazioni sono
individualità differenti, i destini delle nazioni
nel corso della storia e, corrispondentemente, le loro
istituzini sociali, politiche e religiose riflettono
lo schieramento delle forze del mondo angelico stesso.
E' affascinante: questa idea, assolutamente
teologica, è brillantemente confermata dall'analisi
geopolitica, che dimostra l'interrelazione fra le
condizioni di esistenza geografiche, territoriali,
delle nazioni, e le loro culture, psicologie, perfino
inclinazioni sociali e politiche. Così trova
gradualmente spiegazione il dualismo fra Oriente e
Occidente, replicato dal dualismo etnico: la terra, la
Russia "ideocratica" (il mondo slavo più le altre etnìe
eurasiatiche) contro l'isola, l'Occidente plutocratico
Anglo-sassone. Le orde angeliche dell'Eurasia contro le
armate Atlantiche del capitale. La vera natura
dell'"angelo" del Capitalismo (secondo la Tradizione il
suo nome è Mammona) non è difficile da
indovinare...
6. Il tradizionalismo (Evola,
visto “da sinistra”)
Quando Karl Popper "smaschera" i nemici della
"società aperta", egli fa uso costantemente del termine
"irrazionalismo". E' logico, perché la stessa
"società aperta" è basata sulle regole del senso comune
e sui postulati della "coscienza ordinaria". Di
solito, persino gli autori più apertamente anti-liberali
tendono a giustificarsi e ad obiettare di fronte
all'accusa di "irrazionalismo". I nazional-bolscevichi,
accettando coerentemente lo schema di Popper,
esprimono una valutazione tutt'affatto opposta, ed
accettano anche questa accusa. E' vero - la
motivazione principale dei "nemici della società aperta"
e dei suoi più acerrimi e coerenti avversari, i
nazional-bolscevichi, non nasce sul terreno
razionalistico. Nella presente questione ci è soprattuto
di aiuto l'opera degli scrittori tradizionalisti, e
in primo luogo quella di René Guénon e di Julius
Evola.
Tanto in Guénon quanto in Evola si trova esposta in
dettaglio la meccanica del processo ciclico, nel quale
la corruzione dell'elemento terra (e della
corrispondente coscienza umana), la desacralizzazione
della civiltà ed il moderno "razionalismo" con tutte
le sue logiche conseguenze, sono considerati come una
delle fasi della degenerazione. L'irrazionale non è
interpretato dai tradizionalisti come una categoria
negativa o peggiorativa, ma come una gigantesca
sfera della realtà, non passibile di studio con i soli
metodi dell'analisi e del senso comune.
Pertanto, su questo tema la dottrina tradizionale non
sfida le sagaci conclusioni del liberale Popper, ma anzi
concorda con esse, puntando nella direzione opposta.
La Tradizione si fonda sulla conoscenza
super-intelletuale, sul rituale iniziatico che provoca
la frattura della consapevolezza, su dottrine espresse
in simboli. L'intelletto discorsivo ha valore solo
ausiliario, pertanto non riveste alcun significato
decisivo. Il centro di gravità della Tradizione si
colloca entro una sfera non soltanto non razionale, ma
persino non Umana - e non si tratta della bontà
dell'intuizione, della previsione o dei presupposti, ma
dell'affidabilità della particolare esperienza
iniziatica. L'irrazionale, smascherato da Popper
come punto centrale delle dottrine dei nemici della
Società Aperta, è in verità nientemeno che l'asse del
Sacro, il fondamento della Tradizione. Stando così le
cose, le diverse ideologie anti-liberali - ivi
incluse le ideologie rivoluzinarie "di sinistra" -
dovrebbero avere un rapporto con la Tradizione. Ora,
se questo appare ovvio nel caso delle ideologie di
"estrema destra", iperconservatrici, è problematico nel
caso di ideologie di "sinistra". Abbiamo già toccato
la questione trattando del concetto di "bolscevismo". Ma
vi è un altro punto: le ideologia rivoluzionarie
anti-liberali, specie il comunismo, l'anarchismo e il
socialismo rivoluzionario, si prefiggono la radicale
distruzione non solo dei rapporti capitalistici, ma
anche delle istituzioni tradizionali - monarchia,
chiesa, organizzazioni religiose... Come combinare
questo aspetto dell'anti-liberalismo con il
tradizionalismo?
E' significativo che Evola stesso (e in una certa
misura Guénon, sebbene questo non possa essere affermato
oltre ogni dubbio, in quanto il suo atteggiamento
nei confronti della "sinistra" non fu mai altrettanto
esplicito) negò qualsiasi carattere tradizionale
alle dottrine rivoluzionarie, considerandole come la
massima espressione dello spirito contemporaneo, di
degradazione e decadenza. Vi furono tuttavia nella
vicenda personale di Evola periodi - specie i
primi e gli ultimi - durante i quali egli manifestò
punti di vista nichilisti, anarchici, avendo come unica
proposta positiva il "cavalcare la tigre", vale a dire
far causa comune con le forze del declino e del caos al
fine di oltrepassare il punto critico del "tramonto
dell'Occidente". Ma qui non ci occupiamo dell'esperienza
storica di Evola in quanto figura politica. Importa
invece rilevare come nei suoi scritti - anche in quelli
del periodo intermedio, di massimo conservatorismo -
viene accentuata la necessità di fare appello a qualche
tradizione esoterica; il che, in generale, non è del
tutto in linea con i modelli monarchici e clericali
prevalenti fra i conservatori europei che con lui ebbero
contatti politici all'epoca. Non si tratta soltanto del
suo anti-cristianesimo, ma del suo spiccato interesse
per la tradizione tantrica e per il Buddhismo, che
nel contesto del tradizionale conservatorismo induista
sono ritenuti affatto eterodossi e sovversivi. Inoltre,
sono assolutamente scandalose le simpatie di Evola nei
confronti di personaggi come Giuliano Kremmerz, Maria
Naglovska e Aleister Crowley, che furono senza
esitazioni annoverati da Guénon fra i rappresentanti
della "contro-iniziazione", della tendenza negativa e
distruttiva dell'esoterismo.
Телепартия
Александр Дугин: Постфилософия - новая книга Апокалипсиса, Russia.ru
Валерий Коровин: Время Саакашвили уходит, Georgia Times
Кризис - это конец кое-кому. Мнение Александра Дугина, russia.ru
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